Notule

 

 

(A cura di LORENZO L. BORGIA & ROBERTO COLONNA)

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XIII – 30 maggio 2015.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: BREVI INFORMAZIONI]

 

Istinto d’amore o conformismo? Perché bambini di due anni che conoscono una soluzione la nascondono quando sono fra coetanei ignari? Esperimenti condotti al Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology di Leipzig (Germania), che hanno messo a confronto bambini con piccoli di scimpanzé e di orango, hanno dimostrato che le scimmie non hanno questo comportamento. Daniel Hann e i colleghi che hanno collaborato nella realizzazione dello studio, hanno interpretato questa differenza come una tendenza innata della nostra specie al conformismo, ipoteticamente originata da importanti scambi sociali in seno ai gruppi di ominidi protoumani. Non potrebbe trattarsi, invece, di un istinto empatico che porta a nascondere qualcosa che si sa, per non creare dispiacere o disagio a chi non la sa? Un modo per dissipare ogni dubbio, potrebbe essere la ripetizione degli esperimenti con conoscenze che possono proteggere da un pericolo.

 

Noce di cocco nella prevenzione e nel trattamento della malattia di Alzheimer. L’olio di noce di cocco (Cocos nucifera L.) ha un alto contenuto in acidi grassi a media catena (MCFA) che hanno la proprietà di essere facilmente assorbiti e metabolizzati dal fegato, che può convertirli in chetoni. I corpi chetonici sono un’importante fonte alternativa di energia nel cervello, ed hanno mostrato efficacia nel trattamento empirico di disturbi della memoria. Numerose evidenze epidemiologiche e resoconti aneddotici avevano rilevato l’assenza della malattia di Alzheimer clinicamente manifesta nelle persone che assumono regolarmente cocco con la dieta. Le verifiche sperimentali in atto cominciano a fornire risultati confortanti, ma si cerca di definire le molecole del cocco che avrebbero il merito delle proprietà profilattiche e terapeutiche, per stabilirne il meccanismo d’azione. La noce di cocco ha provati effetti benefici nel trattamento dell’obesità, delle dislipidemie, degli alti livelli di LDL, della resistenza all’insulina e dell’ipertensione; tutti fattori di rischio per CVD, diabete tipo 2 e malattia di Alzheimer. Inoltre, i composti fenolici e le citochine (ormoni) della noce di cocco sembrano in grado di inibire l’aggregazione dei peptidi β-amiloidi, potenzialmente inibendo una reazione importante nella patogenesi della malattia di Alzheimer.[Fernando W. M., et al., Br J Nutr. May 22: 1-14, 2015].

 

All’aumentare dei chili di peso aumenta la presunzione di colpevolezza. Masicampo e colleghi della Wake Forrest University hanno studiato le persone  fermate da pattuglie di polizia dal 2004 al 2013, ed hanno rilevato questo impensabile rapporto: in reati “contro la purezza” - quali atti osceni in luogo pubblico, prostituzione, uso e spaccio di droga - al crescere del peso corporeo del fermato cresceva la presunzione di colpevolezza. Non solo le persone in sovrappeso avevano una probabilità maggiore di essere arrestate o ricevere un’ammenda, ma è stato calcolato che a ciascun punto di incremento dell’indice di massa corporea cresceva dell’1% la probabilità di una sanzione.

 

Che cosa la corteccia orbitofrontale sicuramente non fa. Il numero di pubblicazioni sulla corteccia orbitofrontale è cresciuto da una al mese nel 1987 a 50 al mese di oggi. La ricerca degli ultimi 25 anni è giunta ad implicare la corteccia orbitofrontale virtualmente in tutte le funzioni neurocognitive note. Thomas Stalnaker e colleghi, rivedendo i maggiori studi del settore, hanno dimostrato che una grande quantità di ruoli attribuiti a questa regione non è supportata da prove e dati sufficienti e convincenti. Le tesi di Stalnaker e colleghi, che saranno pubblicate su Nature Neuroscience, orientano per un ruolo più generico, e perciò generale, di partecipazione funzionale.

 

Un nuovo modello di sclerosi multipla nella scimmia potrebbe consentire progressi decisivi. La sclerosi multipla, malattia demielinizzante infiammatoria a patogenesi autoimmune, è studiata soprattutto mediante modelli di encefalomielite autoimmune sperimentale (EAE) del topo, che hanno rivelato limiti nel trasferimento alla realtà umana di quanto osservato. Sono in fase di valutazione vari modelli ottenuti in primati non-umani, fra questi è particolarmente promettente una EAE indotta in una piccola e graziosa scimmia del Nuovo Mondo (Callithrix jacchus) nota negli USA con il nome di marmoset; per intenderci: quelle scimmiette che hanno ispirato lo stile e le forme dei pupazzetti di peluche. Una recente rassegna dimostra che le qualità di questo modello possono colmare il gap fra sistemi sperimentali murini e patologia del sistema nervoso centrale umano. [Ann Clin Transl Neurol. 2 (5):581-593, 2015].

 

Come la neurobiologia delle emozioni influenza i processi cognitivi. Stress, ansia e varie forme di risposta emozionale possono influenzare profondamente aspetti chiave della cognizione: attenzione selettiva, memoria di funzionamento e controllo cognitivo, in particolare. Spesso l’influenza perdura oltre le esperienze che hanno evocato le risposte, e ciò è dovuto, almeno in parte, alla lenta dinamica molecolare delle catecolamine (dopamina e noradrenalina) e ai tempi lunghi della neurochimica ormonale. Un aspetto emergente dalla ricerca è che i circuiti implicati nell’attenzione, nel controllo esecutivo e nella working memory contribuiscono, a loro volta, a regolare i sistemi neuronici che mediano la risposta alle emozioni. Infatti, studi recenti hanno dimostrato che territori cerebrali e processi psicologici associati alla cognizione, quali la corteccia prefrontale dorsolaterale e la working memory, giocano un ruolo centrale e in precedenza insospettato nelle emozioni. È poi risultato evidente che le regioni considerate “emotive” del cervello e quelle ritenute “cognitive” si influenzano vicendevolmente attraverso una complessa rete di connessioni, in modi che consentono alle due categorie di regioni cerebrali di fornire un contributo associato ai comportamenti alla base dell’adattamento e del disadattamento alla realtà [Front Human Neurosci. 9:58.doi:10.3389/fnhum.2015.00058.eCollection 2015].

Gli studi passati in rassegna da Okon-Singer dell’Università di Haifa (Israele) e colleghi, confermano la concezione della nostra scuola neuroscientifica, basata su tesi sostenute da decenni da Giuseppe Perrella, secondo le quali la distinzione fra un “cervello emozionale” e un “cervello cognitivo” è artificiosa, derivando più da modelli culturali che da evidenze sperimentali. I sottosistemi neuronici che rispondono selettivamente agli stimoli cognitivi o allo stress, costituiscono parti specializzate di un sistema complesso (sistema di sistemi) di interconnessioni fra costituenti la cui identità funzionale trova senso e ragione nella filogenesi ed è complicata dalla modulazione ontogenetica ed epigenetica.

 

Notule

BM&L-30 maggio 2015

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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